La sussistenza di un conflitto di interessi non costituisce di per sé un reato. È invece illegale non ottemperare ai divieti e agli obblighi posti dalla legislazione nazionale e comunitaria e dall’Amministrazione nel caso di sussistenza di conflitto di interessi.
Il Reg. (UE, EURATOM) n. 1046/2018 che, all'art. 61, par. 3, stabilisce: “[...] esiste un conflitto d’interessi quando l’esercizio imparziale e obiettivo delle funzioni di un agente finanziario o di un’altra persona [...] è compromesso da motivi familiari, affettivi, da affinità politica o nazionale, da interesse economico o da qualsiasi altro interesse personale diretto o indiretto”. Un conflitto di interessi, pertanto, sorge quando una persona potrebbe avere l’opportunità di anteporre i propri interessi privati ai propri obblighi professionali.
Lo stesso art. 61 richiama espressamente “le autorità nazionali a tutti i livelli” all’obbligo di non intraprendere “azioni da cui possa derivare un conflitto tra i loro interessi e quelli dell’Unione”, di adottare “misure adeguate a prevenire l’insorgere di conflitti di interessi nell’ambito delle funzioni svolte sotto la loro responsabilità” e di “risolvere le situazioni che possono oggettivamente essere percepite come comportanti un conflitto di interessi” (cfr. art. 61, par. 1). Assumono in tal modo rilevanza l’obbligo di prevenzione e la nozione di conflitto di interessi apparente.
La medesima norma pone altresì obblighi di comunicazione al proprio superiore gerarchico nel caso di mero rischio che si configuri un conflitto di interessi – dunque nel caso di conflitto di interessi potenziale – e di astensione nel caso in cui il suddetto conflitto venga accertato (cfr. art. 61, par. 2).
Nell’ordinamento nazionale, la nozione e le circostanze in cui può configurarsi un conflitto di interessi, congiuntamente alle consegenze che il medesimo ordinamento ne fa derivare, sono rintracciabili in: (i) art. 6-bis, L. n. 241/1990; (ii) art. 53, D.Lgs. n. 165/2001; (iii) artt. 6, 7 e 14, D.P.R. n. 62/2013; (iv) D.Lgs. n. 39/2013.
In particolare, l’art. 7 del D.P.R. n. 62/2013 “Codice di comportamento dei dipendenti pubblici”, nel porre l’obbligo di astensione, tipizza le situazioni di conflitto di interessi reale e concreto del dipendente, identificandole con “decisioni o attività che possano coinvolgere interessi propri, ovvero di suoi parenti, affini entro il secondo grado, del coniuge o di conviventi, oppure di persone con le quali abbia rapporti di frequentazione abituale, ovvero, di soggetti od organizzazioni con cui egli o il coniuge abbia causa pendente o grave inimicizia o rapporti di credito e debito significativi, ovvero di soggetti od organizzazioni di cui sia tutore, curatore, procuratore o agente, ovvero di enti, associazioni anche non riconosciute, comitati, società o stabilimenti di cui sia amministratore o gerente o dirigente” (cfr. invece art. 14, in merito al conflitto di interessi nell’ambito delle procedure di appalto pubblico).
Oltre alle situazioni di conflitto di interessi reale, devono però essere considerate anche le situazioni di conflitto di interessi potenziale che, seppure non tipizzate dall’ordinamento, potrebbero essere idonee a interferire con lo svolgimento dei doveri pubblici e inquinare l’imparzialità amministrativa o l’immagine imparziale del potere pubblico.
Una definizione positiva di conflitto di interessi è stata fornita dal Consiglio di Stato nell’ambito del parere sullo schema di Linee guida ANAC aventi ad oggetto “Individuazione e gestione dei conflitti di interessi nelle procedure di affidamento dei contratti pubblici”: “La situazione di conflitto di interessi si configura laddove la cura dell’interesse pubblico cui è preposto il funzionario potrebbe essere deviata per favorire il soddisfacimento di interessi contrapposti di cui sia titolare il medesimo funzionario direttamente o indirettamente. Si tratta dunque di una condizione che determina il rischio di comportamenti dannosi per l’amministrazione, a prescindere che ad essa segua o meno una condotta impropria”.
Per quanto attiene specificatamente alla Regione Puglia, il Codice di comportamento dei dipendenti approvato con D.G.R. n. 1423/2014 pone una serie di obblighi e divieti in tutti i casi in cui si configuri una situazione di conflitto di interessi anche meramente potenziale, il rispetto dei quali garantisce di non incorrere in responsabilità disciplinare.